Moncalieri, 28 ottobre 2016

La fede o ce l’hai o non ce l’hai

Domenica scorsa ero con dei parenti in visita ad un maestoso Monastero ubicato su di un belvedere di impareggiabile bellezza. Come succede il più delle volte, il gruppo si scompone, si formano aggregati diversi che prendono strade diverse : mariti, mogli, figli.

Durante la visita al complesso non potevo fare a meno di gustare l’architettura severa ed al tempo stesso maestosa dei luoghi, l’armonia delle forme semplici ma nel complesso austere, ricche di un vissuto immagino di silenzi e di preghiera. Queste sensazioni sono emerse con grande intensità quando abbiamo visitato il Coro. La luce era un po’ fioca ma la severità degli scranni emergeva dall’insieme. La destinazione di questa struttura era ovviamente la preghiera, la meditazione, ed il canto liturgico ripetuti più volte al giorno e per diverso tempo.

Mi è venuta spontanea una domanda che ho rivolto al mio accompagnatore : Ma la vita contemplativa ricca di preghiera e di silenzi è più proficua per il bene dell’umanità rispetto ad un’azione dei fedeli costante di natura diversa ma concreta, rivolta a lenire il dolore, la sofferenza e le difficoltà della vita ? In altre parole : è meglio una supplica a Dio affinché per il suo tramite si possa lenire il dolore e la sofferenza o è meglio che il credente, in modo concreto, con azioni ed opere persegua questa finalità ? Ovviamente fatti salvi i miracoli.

Nessuno potrà darmi la giusta risposta.

Per contro, se faccio un parallelo fra il “buon padre di famiglia” e Dio non posso fare a meno di pensare che al padre non servano suppliche e richieste per conoscere ed intervenire nella situazione di eventuale bisogno di aiuto in cui potrebbero versare i suoi figli e/o componenti della propria famiglia. Quindi a Dio non sfugge lo stato di necessità in cui versano i propri figli, l’umanità intera. Se comunque, nonostante l’infinita bontà di Dio, le cose terrene vanno per il peggio è perché forse è presente una ulteriore entità, “ il male “, che contrasta Dio e vince questa continua battaglia e rende l’umanità sofferente.

Il mio accompagnatore non potrà mai essere un mio interlocutore, perché è una persona pia che ha della fede un credo a prescindere e non si pone domande come io mi pongo nella consapevolezza e intenzione che mai e poi mai vogliono essere sarcastiche, arroganti o blasfeme.

Quante volte e da più parti, in famiglia e fuori, ho cercato un interlocutore per ragionare sulle tante domande che mi pongo. Ho contattato persone appartenenti al Magistero della Chiesa che o rispondevano con le solite frasi fatte o mi consigliavano della bibliografia da acquistare e consultare dove sicuramente avrei trovato risposta alle mie domande. Il contributo più concreto e giusto arriva dalla mia compagna, mia moglie, che in sostanza mi fa notare che con la ragione non si possono risolvere i problemi di fede.

Giuseppe Truscello



Chiosa dell’autore del sito: La riflessione di Pippo Truscello sembra semplicistica, ma in effetti apre uno squarcio notevole sulle problematiche della vita. Il titolo, da me apposto, è esattamente l’espressione usata dai preti quando io ero giovani a chi chiedeva spiegazioni sugli argomenti di fede. Mi permetto anche di fare i miei complimenti ad Elena, moglie di Pippo, che è un lampante esempio della concretezza delle donne.

Pietro Immordino

 Torna a " L'angolo dello zio Pietro "

Torna a " L'angolo di nonno Pietro "

Torna a “ L’angolo degli ospiti

Torna a " La pagina iniziale