Moncalieri, 19 aprile 2014
Crisi economica e democrazia
Come ho già scritto in altri articoli, la democrazia è un esercizio difficile, che richiede la presenza di una classe dirigente valida e decisa, senza la quale il sistema fatalmente scivola nel populismo.
Oggi mi voglio occupare di un caso attuale: le difficoltà dell'esercizio della democrazia durante una crisi sociale, in questo momento causata da motivi finanziari prima ed economici in successione.
Preliminarmente vorrei ricordare cha nell'antica Roma repubblicana durante in circostanze difficili, allora essenzialmente militari, si sospendeva l'esercizio dell'attività politica normale, affidata al senato ed ai Tribuni del Popolo, e ci si rimetteva alla guida di un plenipotenziario, il dittatore. Questo era possibile perché in quel momento storico le istituzioni romane erano solide e c'era la sicurezza che il dittatore, finito il suo compito, sarebbe rientrato ordinatamente nei ranghi istituzionali normali. L'abbandono temporaneo delle normali attività politiche veniva allora, quindi, ritenuto utile, se non indispensabile, per affrontare momenti difficili. Voglio esaminare ora il perché di questa scelta, e delle sue possibili degenerazioni, riferendomi alle attuali situazioni italiane.
La democrazia è ricerca e mantenimento del consenso. In situazioni di crescente benessere generalizzato l'esercizio del potere in maniera democratica, e cioè ottenendo l'appoggio di consistenti percentuali della popolazione, è abbastanza facile: basta stare attenti a distribuire almeno una parte degli aumenti di benessere in maniera da ottenere un appoggio popolare diffuso. Durante queste fasi di crescita le degenerazioni che la classe politica e, più in generale, la classe dirigente del paese mette in atto a favore di sé stessa, o di parti della popolazione di cui vuole ottenere il consenso, è largamente tollerata. Ad esempio, l'evasione fiscale non è certo un fenomeno nato negli ultimi anni, ma è stato assolutamente tollerato, se non favorito, dai politici nei confronti di larghi strati della popolazione per ottenere consensi o per evitare dissensi. D'altra parte, anche la parte della popolazione che non evadeva otteneva dei compensi immediati dall'evasione. Quanti in Italia fino a qualche tempo fa chiedevano la fattura all'idraulico o al dentista sapendo che questo avrebbe comportato un aumento del prezzo da pagare? O ancora, chi ha protestato quando il governo allora in carica ha varato la legge che consentiva ai dipendenti statali di andare i pensione, qualunque fosse la loro età anagrafica, dopo solo 15 anni, 6 mesi e un giorno di lavoro? Potrei continuare a lungo nel citare fatti di questo genere, ma mi pare chiaro quello che voglio esprimere: quando una società è in crescita l'insieme della popolazione è disposta a tollerare le deviazioni dalla rettitudine della classe dirigente e di parte della stessa popolazione in cambio dei vantaggi immediati che riceve.
Quando l'aumento del benessere si interrompe, quando comincia ad essere necessario chiedere sacrifici a vasti settori della popolazione, quando si chiede a chi ha ottenuto molto dalla crescita economica di restituire qualcosa alla comunità, il sistema entra in crisi. Voglio ora esaminare il problema dai due punti di vista, non sempre contrapposti, della classe politica e della popolazione comune.
Gran parte della popolazione di fronte all'impossibilità e/o all'incapacità della classe politica di risolvere in tempi brevi e con efficacia i problemi comincia ad appellarsi all'uomo della provvidenza sperando così di risolvere i problemi che risultano difficili e complicati da risolvere in maniera democratica, e cioè attraverso il consenso diffuso. Questa tendenza popolare viene immediatamente assecondata dai politici avidi di potere e desiderosi di liberarsi dagli impacci e dalle difficoltà delle procedure democratiche. Il comparire sui simboli dei partiti dei nomi dei leader, per esempio, significa che il personaggio è diventato ai fini elettorali più importante delle idee che quei partiti portano avanti.
Ora è indubbio che una guida monocratica risulta nel breve tempo più efficace e veloce nelle azioni di un sistema basato sulla ricerca del consenso delle parti sociali e politiche; ma l'instaurazione di un potere concentrato nelle mani di un solo uomo per essere sicura e vantaggiosa per la popolazione deve avere due presupposti: che l'uomo scelto per un tale compito debba avere la capacità e la volontà di perseguire il bene comune; che possa essere rimosso con certezza alla fine dell'emergenza o al fallimento del suo compito. Nella Roma repubblicana riuscivano sia a scegliere l'uomo adatto, sia a rimuoverlo alla fine dell'emergenza. In una situazione in cui un quinto dei votanti (non della popolazione!) sceglie il voto di pura protesta per un sedicente non partito M5S mi pare difficile riuscire a scegliere un dittatore (nel senso latino del termine) che abbia le capacità ed i requisiti morali per tale compito; basti pensare all'inettitudine e confusioni che sono state messe in opera dal parlamento all'atto delle ultime elezioni presidenziali. Inoltre, c'è la vedreste una qualunque dei nostri politici che molla un potere assoluto per amore delle istituzioni?
Non potendo più ottenere il consenso attraverso una costante distribuzione di benefici alla popolazione, nei momenti difficili si mobilitano le persone più irrequiete attraverso l'individuazione di nemici che sarebbero causa di tutti i mali contingenti. Abbattiamo questi nemici e tutto andrà a posto, al di là di ogni evidenza logica. Euro, Comunità Europea, Germania, immigrati tutto va bene per creare un nemico responsabile di tutti i nostri mali; fare un poco di autocritica ed esaminare con lucidità la vera situazione è più complesso difficile e non porta consensi elettorali.
Immaginate un politico che si presenti ai cittadini annunziando lacrime e sangue, poiché sulla scena mondiale si affacciano miliardi di esseri umani in condizioni economiche assai più disastrate delle nostre. "Questi individui stanno affannosamente correndo, in competizione con noi, per migliorare la loro situazione. Le soluzioni al problema sono due: o abbassare drasticamente il nostro tenore di vita (con una feroce lotta interna fra i ricchi che non vogliono rinunciare ai loro privilegi ed i poveri che tentano di sopravvivere dignitosamente) o correre più e meglio di loro. Cosa preferite, mia gente". La risposta quasi unanime sarebbe: "preferiamo non votarti!"
Nei momenti di crisi risulta, pertanto, quasi indispensabile per un politico che voglia tenersi a galla non raccontare almeno tutta la verità. I più disinvolti si creano uno o più nemici: come diceva Di Pietro un tempo, guardano il dito che indica la luna e non la luna. I più avveduti cominciano a parlare di rilancio dei consumi, trattative con l'Europa, interventi sui costi della pubblica amministrazione, piccole distribuzioni di benefici (col contagocce e non a gogò, come nei tempi grassi), ecc...
Nessuno , però, affronta la questione vera con decisione e durezza: l'Italia è, ancora, un paese ricco, con la ricchezza concentrata in poche mani, spesso nascosta e pure frutto di evasione fiscale. Non si tratta di procedere a sequestri proletari di buona memoria, ma di trovare mezzi e modi di mobilitare questa ricchezza, spesso divenuta parassitaria, anche quando era in origine attiva. Mi riferiscono ai possedimenti di molti individui che, avendo creato la propria ricchezza con laboriosità e capacità, adesso la tengono imboscata in puri investimenti speculativi o, peggio, l'hanno trasferita in paradisi fiscali o quant'altro.
Ma può un paese come il nostro, con una classe dirigente allo sbando, fare un'operazione tanto difficile e complessa con metodi democratici, ossia evitando di causare ribellioni in vasti settori della popolazione? Ancora una volta insisto, la situazione è affrontabile con probabilità di successo solo con la mobilitazione decisa e costante della parte migliore del paese.
Per questo faccio il tifo per il tentativo di Renzi, anche se il suo stile non mi è consono: troppo simile a B. nel modo di porgersi e di tentare di ottenere consenso, Il consenso, però, va ottenuto per potere governare e qualche, come dire, sbavatura al fine di ottenerlo è tollerabile ed utile. Spero solo che almeno questo governo duri, nonostante le difficoltà che ogni giorno si appalesano, per potere fra un tempo ragionevole ( un anno è il periodo minimo, credo) potere giudicare se ho ben riposto le mie speranze.
Pietro Immordino
Torna a " L'angolo dello zio Pietro "
Torna a " L'angolo di nonno Pietro "
Torna a " La pagina iniziale "