Moncalieri, 1 giugno 2021
La liberazione di Giovanni Brusca
E’ stato scarcerato dopo 25 anni un componente di Cosa Nostra che si era macchiato di assassinii orrendi; la vicenda suscita sgomento e costernazione in molti cittadini; ma, purtroppo come sempre accade, dichiarazioni non molto ponderate da parte di alcuni uomini politici, sempre tesi a raccogliere momentanei consensi.
Mi sono messo dalla parte di quei cittadini a cui quel bieco assassino aveva tolto l’affetto di un caro, di quei poliziotti che avevano sudato e rischiato la pelle per catturarlo, di coloro che avevano letto la descrizione dell’assassinio di un bimbo il cui cadavere è stato poi sciolto nell’acido, e non posso che comprendere in pieno le loro reazioni di doloroso stupore e, forse, di rabbia.
Qualche commentatore ha ricordato che la legge che ha consentito a Giovanni Brusca di tornare in libertà era stata fortemente voluta da Giovanni Falcone, che poi è stato vittima dello stesso Brusca.
Giovanni Falcone era certo un uomo di saldi e radicati princìpi, ma era anche una persona concreta, che aveva fatto della lotta alla mafia una sua ragione di vita e per questo aveva pagato appunto con la vita. Egli si era reso conto che l’organizzazione mafiosa è assolutamente impenetrabile dall’esterno e che l’unico mezzo per ottenere informazioni sulla sua struttura e sulle sue linee di azione è quello di convincere qualcuno dei partecipanti a svelare quanto a sua conoscenza. Questa non è certo una cosa semplice e facile e necessita di concessioni da parte dello stato di dubbio valore morale e difficilmente accettabili da una parte dei cittadini. Al giudice non era stato facile né rapido giungere all’approvazione della legge, perché Cosa Nostra si era resa conto che quella legge era per l’organizzazione il cavallo di Troia che poteva distruggere il suo potere.
A questo punto c’è da chiedersi quanti nuovi assassinii e quante nuove sopraffazioni, quanti danni alla società civile ha evitato la legge sui pentiti e scoprire se vale la pena liberare qualche feroce delinquente per ottenere questi risultati. Falcone riteneva di si.
Gli stati democratici, a quanto pare, non sono in grado di affrontare con successo la lotta alla criminalità organizzata e hanno bisogno di fare concessioni ad alcuni criminali per ottenere risultati efficaci nella loro lotta al grande crimine. Gli Stati Uniti hanno leggi diverse, ma anche negli U.S.A. i procuratori spesso vengono a patti con alcuni appartenenti alla criminalità organizzata per ottenere informazioni utili alle indagini. L’alternativa, però, è quella di rinunciare allo stato di diritto e imporre le leggi in maniera dispotica; in altre parole questi cedimenti nei confronti di alcuni criminali sono un prezzo necessario da pagare per combattere il crimine organizzato, mantenendo inalterati i valori della democrazia.
Un’ultima considerazione di carattere generale: in questa circostanza, come nella maggior parte delle vicende umane, c’è la contrapposizione fra la razionalità e il sentimento; come spesso si dice fra la testa e la pancia. Le sensazioni e l’immaginario sono estremamente importanti e sono sempre state i motori dei grandi cambiamenti delle società, ma la soluzione dei singoli problemi non può prescindere da una analisi razionale dei fatti; per cui, mentre come ho detto all’inizio, comprendo in pieno le reazioni dei cittadini, mi piacerebbe che coloro che sono stati o sono alla guida della nazione si esprimessero con maggiore cautela e consapevolezza sull'argomento oggetto di questo mio scritto.
Pietro Immordino
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