2 febbraio 2009
Le intercettazioni telefoniche ed altro
Pare che il problema attuale più grave ed impellente per la
nostra povera Repubblica sia costituito dalla mancanza di privacy che
deriva al cittadino dalle intercettazioni disposte dalla
magistratura, e pare anche che tali intercettazioni siano un costo
insostenibile per la comunità. Così il nostro presidente del
consiglio dei ministri se ne occupa assiduamente, insieme a molti
esponenti della sua maggioranza.
Trovo veramente pregevole tale
interessamento in difesa della privacy del comune cittadino, ma forse
sarebbe meglio indirizzarlo in altri ambiti.
Sarà forse perché
sono uno dei pochi cittadini italiani, pochi almeno a dire di
Berlusconi, che non ha mai avuto alcun sentore di essere intercettato
dalla magistratura, sarà forse perché le continue giornaliere
violazioni della mia privacy vengono da fonte ben diversa da quella
della magistratura (telefonate, e-mail, abbordaggi stradali diretti,
suonate al campanello di casa), ma ad ogni modo non riesco a
preoccuparmi delle eventuali intercettazioni a mio carico disposte
dall’autorità giudiziaria e vorrei sapere quanti comuni cittadini
sono realmente preoccupati da questo presunto problema; in fondo,
queste di cui si tratta sono le uniche acquisizioni di dati personali
sottoposte ad un controllo pubblico vero.
Mi sono spesso, al
contrario, chiesto che garanzie ho che i miei dati in possesso di
organismi privati, spesso non nazionali, vengano gestiti
correttamente: la risposta è, purtroppo ovviamente, nessuna
garanzia. L’altra sera ho sentito il garante della privacy
ammettere candidamente che anche lui è vittima di telefonate non
autorizzate e non gradite!
A prescindere da enti di spionaggio
che tutto possono e vogliono registrare ( nel recente passato molto
si è parlato di Echelon), i gestori dei più comuni servizi hanno in
loro possesso una quantità di informazioni enorme e, in pratica,
incontrollata e incontrollabile, poiché sono essi a tenere in mano
il bandolo della matassa. Basta pensare ai gestori di carte di
credito e bancomat (che tutto sanno ad elaborano su nostri gusti e
movimenti), o ai gestori telefonici, che hanno in loro possesso
l’elenco di tutte le nostre telefonate.
A proposito di
quest’ultimi, una cosa che mi ha sempre meravigliato è che essi
possano consentire (generalmente a pagamento!) la possibilità
dell’anonimato agli utenti che ne fanno richiesta, di fatto
favorendo telefonate varie non gradite; ma di questo non si occupa
nessuno.
In quanto ai costi è certo giusto razionalizzare tutte
le spese della pubblica amministrazione, ma tenendo sempre ben
presente il rapporto costi / benefici di tali spese. Non sono certo
un esperto di indagini giudiziarie, ma, a lume di naso, è molto meno
costoso e più semplice individuare e colpire autori di reati
attraverso l’uso di intercettazioni, sia telefoniche che
ambientali, che attraverso indagini di altro tipo: basta pensare, per
esempio, ai costi ed alle difficoltà di un pedinamento
tradizionale.
Ma non è che dietro questo interessamento per la
privacy dei cittadini c’è qualcosa che invece riguarda i promotori
dell’azione? Ho il sospetto di si.
Quando è scattata questa
campagna anti-intercettazioni? Quando la pubblicazione di alcune
intercettazioni ha dato fastidio a politici potenti (per la verità
appartenenti a partiti diversi, anche molto lontani fra di
loro).
Allora si è cominciato ad agire come in altri casi di
"disturbo ai manovratori". Partendo dalla constatazione e
diffusione mediatica di disfunzioni e inefficienze effettive,
purtroppo troppo diffuse in Italia, si tenta di eliminare la
possibilità di un efficiente controllo da parte della pubblica
opinione sull’operato di rappresentanti del popolo ed
amministratori pubblici, senza nessun reale attenzione al buon
funzionamento delle indagini giudiziarie.
Nel caso specifico, i
mass media cominciano a bombardare l’opinione pubblica con cifre e
notizie (in qualche caso con bufale) che danno un quadro terrificante
del sistema intercettazioni. A questo punto si presenta una legge
che, di fatto, annulla o, comunque, riduce moltissimo la possibilità
di intercettare o, meglio ancora, di pubblicare le intercettazioni.
E
qui vorrei tornare su un punto che ho già toccato più volte in
altri scritti.
Chi intraprende la carriera pubblica, sia egli
dirigente di partito o amministratore, deve mettere in conto che
questa attività comporta la rinuncia a gran parte del diritto alla
privacy di cui dovrebbero godere i comuni cittadini. E’ il prezzo
che egli deve pagare per potere intraprendere questa attività,
affinché il cittadino possa essere pienamente consapevole delle
qualità della persona a cui delega la conduzione della cosa pubblica
e, in definitiva, il proprio destino.
Pare che in Italia la
classe politica sia di parere esattamente opposto: il politico deve
essere protetto da ingerenze nella sua attività e nella sua vita
privata più e meglio del comune cittadino!
A tale proposito,
una delle cose che trovo più assurde è il divieto legislativo di
indagare sui parlamentari senza il consenso del parlamento. A parte
il fatto che questo rende di fatto difficilissime le indagini, in
quanto l’indagato in questi casi è persona che in genere riesce a
sollevare notevoli barriere di ostruzione alle indagini una volta
avvertito, mi chiedo quali siano i motivi per i quali non si debba
indagare su un parlamentare. Egli infatti è persona in grado di
difendersi da eventuali imputazione, che eventualmente gli fossero
mosse, meglio di un cittadino comune. Ben altra cosa, invece, è la
prerogativa del parlamentare di non potere essere soggetti ad
arresto, e ciò al solo scopo di evitare turbamento e indirizzo
dell’attività delle assemblee attraverso eventuali arresti
pilotati.
Non amo "i lanci di monetine", ma sarebbe
meglio riflettere che la lunga sopportazione di situazioni non
corrette in certi momenti porta la gente a reagire in maniera
inconsulta.
Pietro Immordino
Torna a " La pagina iniziale “
Torna a " L'angolo di nonno Pietro "
Torna a " L'angolo dello zio Pietro "
Torna a “ L’angolo degli ospiti “